Non riesco più a commentare le vicende politiche di questi giorni .
È difficile esprimere giudizi e riflessioni, dovrei chiudere giornali, TV, social e riaprirli tra due mesi, sperando sia passata questa farsa.
Dopo il 4 marzo, a fronte di un voto definito da tutti un terremoto, le modalità, i discorsi, i copioni non sono cambiati. Anzi semmai si sono ancora di più plasmati nella copia di se stessi , nel gioco delle parti precedenti al voto.
La divisione del Paese, tra il voto del Nord alla Lega, e il voto del Sud ai 5 stelle, non è oggetto di discussione.
Il grido di dolore di un’Italia impoverita, laddove i guadagni della debole crescita è appannaggio di ristretti gruppi di benestanti , mentre milioni di persone non ne sentono neanche l’odore, rimane inascoltato.
Questa politica, fatta di Partiti improbabili, senza struttura né cultura politica, fatta di posizionamenti autoconservativi e autoassolutori, spinge alla estraneità, alla ulteriore distanza tra cittadini e istituzioni.
Anche il voto di protesta sta evaporando nel disarmante gioco delle parti di questi giorni. Non c’è dunque modo di ricondurre il gioco politico dentro un canale di ascolto di ciò che bolle nella vita reale di milioni di persone ?
Non mi sembra.
Ognuno pensa a sé, tatticismi, leaderismi , alleanze, formule, non vengono declinate in strategie al cui centro ci siano le risposte da dare ai cittadini, ma paradossalmente si sta verificando il contrario, come se il blob dell’antipolitica, del populismo ciarliero, stia rimangiando le sue stesse carni. Ciò che era o sembrava dirompente , quel terremoto è “normalizzato”, è inglobato, il quarto incomodo, la protesta dei deboli, dei disuguali, resa inoffensiva.
Segno evidente di una politica incapace di proporre cambiamenti profondi in un sistema economico devastante , nei rapporti di forza tra interessi, di voltare pagina tra vittime di una crisi decennale e chi si è arricchito.
Un personale politico senza storia e senza visioni, senza sogni e senza ambizioni sociali. Il primato della politica , sull’economia, sul sociale, sulle prospettive di un Paese, sta morendo di morte lenta, sotto i colpi di finti leader, finti Partiti, finti programmi.
Tutto si sta consumando, usurando, come le parole, incapaci ormai di coincidere con il sentire comune.
La parola “sinistra” è una di queste, scippata da politiche “moderne” in cui sfugge il conflitto tra vittime e carnefici, tra classi , ceti, tra diseredati e potenti, in un blob indistinto e confuso.
Qualunque governo uscirà, qualunque esito avrà il 4 marzo, anche quello di tornare al voto, dovrà misurarsi con quel conflitto, perché i problemi sono ancora tutti lì e non è detto che i terremoti non possono tornare, anzi tornano e magari aprire nuove faglie.
Allora bisogna da subito rimettere le parole al posto giusto , la sinistra deve ritrovarne il suo senso , deve coincidere con fatti, comportamenti , valori, programmi e prospettive, prendendo posto nel conflitto. Insomma tornare alla politica e riprendersi la parola.