Poi uno va dietro nel tempo, dopo aver letto Serra, ricorre alla memoria per rintracciare il vero dal verosimile e provare a dare risposte agli interrogativi.
Mi domando cos’è la povertà.
La povertà è quello stato in cui non ti puoi permettere nulla, un pasto, i vestiti, una casa, i libri ecc.
È uno stato di deprivazione che può volgere solo in due direzioni: o l’abbrutimento oppure il riscatto.
L’abbrutimento è fatto di rabbia e violenza , distruttivo verso tutti e tutto, anche verso l’altro povero, ostile a ogni cosa, umana e inumana, travolge e scardina, senza discernimento, neanche nel saper rintracciare i responsabili di quella condizione, pericolosa e al tempo stesso inerme perché si autocondanna all’isolamento nella riprovazione generale. Un humus magmatico passibile di strumentalizzazione, per usi a volte opachi e antidemocratici. Spesso massa di manovra per riconfermare le egemonie degli stessi autori di quella condizione. È la vittoria dei potenti.
Il riscatto alla cui origine vi è la coscienza di una condizione ingiusta, ineguale tra uomini, tra chi gode di agi e possibilità e chi ne è escluso. L’altro povero è un compagno di strada, un alleato, non una minaccia. Da questa consapevolezza nasce una volontà di ribaltamento, di conflitto che si fa collettivo, perché collettiva è la condizione di molti, contro chi detiene le leve del potere e che colpevolmente consegna milioni di uomini a quelle condizioni . È La lotta di classe.
La consapevolezza non si compra al mercato. É un lungo cammino, fatto di relazioni, capacità di discernimento, è scelta, è saper guardare ai processi, è saper vedere nell’altro il riscatto per sé, riconoscere il giusto dall’ingiusto, è saper costruire e dare voce a ciò che si vorrebbe tenere muto e irrilevante. È mettersi insieme e declinare un vocabolario di senso in cui possano riconoscersi tutti coloro che hanno una comune condizione. È costruzione di dignità e valori collettivi .
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Mio padre ci diceva di studiare, lui operaio, tuta blu’, diceva di ribellarci dove vedevamo le ingiustizie, diceva di lavorare per essere indipendenti e di lavorare bene per non essere ricattati, di rispettare le istituzioni democratiche e di andare a votare sempre, di non fermarci e di lottare insieme agli altri perché insieme si possono cambiare le cose.
Poi c’era il Partito, luogo collettivo di crescita, di confronto, di senso. Poi c’era il giornale L’Unita’ strumento di informazione, orientamento, cultura. Poi c’erano le sezioni dove agivi, organizzavi, stabilivi relazioni.
Dalla povertà ci si può liberare, non è una condanna, non è un deserto arido di miseria umana. È una condizione da riscattare.
Una impresa di una bellezza straordinaria. Riprendiamola.
di Pina Fasciani