Domenico Quirico per “la Stampa”
Dico la verità: dopo otto anni passati a raccontar i migranti, a camminare insieme, a spartir tutto con il primo di loro che piangesse lacrime nel deserto o tra le onde del mare, non provo simpatia per Carola, capitano della Sea Watch. Non credo ci sia grandezza, neppure tragica, nell’ errore.
C’è solo l’ errore e il danno per la causa per cui ci si batte. Non voglio indignarmi, accusare: la Buona Causa resta quella e non la rinnego, gli xenofobi, sabbia arida, alghe putride, non mi avranno.
Ma non mi schiero con la giovane attivista tedesca, il suo sbandierato umanesimo a tempo pieno, il narcisismo fanatico della sua misericordia. Non salgo sulla sua nave.
Attenta, vorrei avvertirla, stai redigendo, con il micidiale fanatismo delle buone intenzioni, il manifesto propagandistico perfetto per i razzisti. Alla fine, temo, i quaranta sventurati passeggeri, che ancora una volta non contano, vedranno crescere il loro affanno di tagliati fuori. E questa sarà l’ ennesima sconfitta.
Le instillo un dubbio: oggi esser virtuosamente sovversivi non è violare la Legge ma obbligare chi è al potere a rispettarla. Si invoca, a sproposito anche per lei, Antigone e la sua disobbedienza morale: dimenticando che, poi, alla fine del dramma, Creonte, il tiranno, resta al potere.