Stralci a Il FQ.
I costi del programma di Fabio Fazio tornano al centro della scena politica.
Di Maio in commissione di Vigilanza Rai: “Spero si possa affrontare presto il tema della retribuzione e delle ingegnerie messe in atto per la casa di produzione.
C’è un piano della precedente governance valido fino a marzo, ma speriamo che possa prevalere il buon senso”
Ovvero che la trasmissione, fortemente voluta su Rai1 dall’ex dg Mario Orfeo, sia ripagata interamente con la pubblicità e che costi molto meno rispetto alla messa in onda di una fiction (che a differenza di un talk show può essere ritrasmessa).
Numeri che comunque non giustificano l’enorme cifra del contratto, rinnovato a settembre dall’ad Fabrizio Salini.
Il compenso di Fazio –come rivelato dal Fatto–ammonta a 2 milioni e 240 mila euro l’anno, al lordo delle imposte.
Ma se vi aggiungiamo i soldi per la società Officina, di cui Fazio detiene quote, e i costi vivi per la Rai, si arriva 18 milioni l’anno.
Che per quattro anni (la durata del contratto) fanno 72. Ed è un programma che non arriva al 20% di share.
Fazio risponde in maniera conciliante: “Do tutta la mia sincera disponibilità sin d’ora a parlare di televisione, di costi, di ricavi, di opportunità, di compensi e guadagni e di ogni altro aspetto che riguarda la produzione dei programmi, delle produzioni esterne e del mio lavoro.
E soprattutto di prodotto e contenuto”. Staremo a vedere come finirà, ma dopo le parole di Di Maio sarà difficile che il contratto resti invariato.
Anche perché se tra i 5Stelle se ne fa un discorso economico, dalle parti della Lega la questione diventa politica.
A Salvini, si sa, Fazio non piace, basti vedere le polemiche seguite all’invito in trasmissione del sindaco di Riace, Mimmo Lucano.
Qualche leghista non fa mistero che si preferirebbe riportare Che tempo che fa su Rai3. Difficile che accada, ma qualcuno ci pensa.
In Vigilanza qualcuno ha anche chiesto conto dell’assenza di programmi d’informazione in prima serata (c’è solo #Cartabianca su Rai3).
“È una situazione da attribuire alla passata dirigenza che ha regalato fiori di professionisti alla concorrenza”, dice Di Maio ricordando Massimo Giletti, Giovanni Floris, Massimo Giannini, Nicola Porro e Milena Gabanelli.