Domenico De Masi, sociologo
Il M5S faccia il primo passo, molli il Capitano
“Salvini è come un leone che lentamente si sta divorando la gazzella, l’ha catturata e adesso non la mollerà finché non l’avrà del tutto spolpata.
Non è soltanto una questione di elettori in fuga, perché c’è uno svuotamento di anima e corpo: al calo corrisponde un’emorragia dei principi cardine del Movimento.
Penso alla vocazione ecologista, penso all’anima proletaria, penso ad alcune schifezze come il decreto sicurezza o la legittima difesa che i 5 Stelle stanno approvando.
Salvini raccoglie ora i frutti della sfida che ha accettato lo scorso anno, ovvero quella di formare un governo con il M5S da una posizione di partenza sfavorevole, con circa la metà dei voti.
La stessa sfida che il Pd ha rifiutato nonostante nel 2013, a ruoli ribaltati, fosse stato Bersani a rivolgersi a Grillo per cercare un accordo di go- verno.
Come ha scritto ieri Massimo Cacciari, è assurdo che i dem non affermino le differenze tra Lega e 5 Stelle, identificando l’uno con l’altro come fossero la stessa cosa.
Certo, più passa il tempo e più il Movimento, svuotato dall’alleato, rischia di appiattirsi sul Carroccio, ma ci sarebbe bisogno di un primo passo di disponibilità del Pd nei confronti dei grillini, che a quel punto farebbero bene a mollare Salvini.
Invece, tra i candidati alla segreteria, nessuno ha dichiarato di voler fare questa mossa: così il Pd e i 5S si ritroveranno entrambi al di sotto del 20 per cento.
Senza più neanche possibilità di avere la maggioranza insieme.”
Michele Gotor, politico, storico, saggista
I grillini non aspettino le europee
“Sembra chiaro che il patto giallo verde si stia rivelando a vantaggio della Lega, che ha ribaltato – cautela però quando si parla di Amministrative e 5 Stelle – irapporti di forza del 4 marzo.
Era prevedibile che i 5 Stelle avrebbero pagato un prezzo quando si sono trovati costretti a scegliere, loro che si sono posti al di sopra di destra e sinistra, ma non immaginavo con tale rapidità e in queste proporzioni.
C’è un problema di fragilità della leadership, visto il modo subalterno con cui Di Maio ha portato avanti l’alleanza, ma questo dipende anche dal fatto che Di Maio è indebolito dalla consapevolezza che questo governo è la sua unica chance: ha una sola mano da giocare e coincide con il suo destino personale.
Certo, il potere è di per sé un collante, dunque è difficile che possa troncare l’alleanza, malgrado il M5S rischi di pagare un prezzo altissimo.
Fossi nei 5 Stelle, questo problema me lo porrei, senza aspettare le Europee e consapevoli che non potrà esser Di Maio a condurre la fase successiva.
Quanto al Pd, se un partito che ambisce a essere popolare non si pone il problema di dialogare, aprire contraddizioni, confrontarsi con un elettorato di oltre 10 milioni di italiani che gli è entrato in casa, allora è moribondo.
È sbagliato pensare di andare avanti con la strategia dei “pop corn”, limitandosi a dire “avevamo ragione noi”, in piena sindrome solipsistica.
Ma l’errore è stato a monte: la prima cosa da fare era dividere gli avversari, non auspicare la loro unione come ha fatto Renzi, per non fare i conti con la propria sconfitta e continuare a tenere imprigionato il Pd.”