“Il Partito democratico doveva dare l’appoggio esterno a un governo del Movimento 5 Stelle. “
Sette mesi dopo la fumata nera tra dem e grillini, sancita in diretta tv da Matteo Renzi in barba all’imminente assemblea Pd, Massimo D’Alema torna sulle trattative post 4 marzo, puntando il dito contro la classe dirigente:
“È stato un errore grave di analisi e di condotta politica aver considerato i 5Stelle come l’altra faccia della Lega e aver spinto il Paese nelle mani della destra”.
Il Líder Massimo parla dalla poltrona di C’ero una volta… la sinistra, il programma condotto da Antonio Padellaro e Silvia Truzzi, spiegando come fosse possibile, allora, far emergere gli aspetti più “di sinistra” del Movimento, adesso in gran parte sacrificati dall’alleanza con Salvini:
“Di certo il M5S non è l’erede della tradizione dei partiti di sinistra, ma bisognava capire che un movimento che si era presentato alle elezioni avendo come parole d’ordine la lotta alla povertà e ai privilegi ha raccolto un qualcosa che storicamente apparteneva a quell’area”.
C’ERANO dunque i presupposti, secondo D’Alema, per mettere all’angolo la Lega, che pure alle urne era arrivata dietro al Pd: “Non so se un accordo coi 5 Stelle fosse possibile, ma andare a vedere le carte era obbligatorio.
Un leader serio avrebbe detto a loro di fare il governo e avrebbe dato l’appoggio esterno su quattro o cinque obiettivi chiari”.
Progetti stroncati sul nascere dal mancato ricambio nella classe dirigente del Partito democratico, rimasta la stessa, durante la gestione
stione delle trattative, che aveva guidato il Pd al crollo elettorale:
“È stata una responsabilità politica del gruppo dirigente renziano.
È con la sua complicità che Salvini adesso è al 30 per cento nei sondaggi”.
E raccoglie consensi, insieme al Movimento 5 Stelle, nell’Italia che dovrebbe essere rappresentata dalla sinistra:
“Oggi ho incontrato una persona per strada che mi ha fatto un qua- dro perfetto della nostra situazione.
Mi ha detto: ‘Ho sempre votato per voi, sta- volta non potevo perché c’era Renzi e allora ho votato Movimento 5 Stelle. Mi sa che ho fatto una cazzata’.
Da questo sentimento diffuso dobbiamo ripartire”.
Al fallimento della stagione del Giglio magico e di Liberi e Uguali, però, D’Alema esclude possa seguire un suo ritorno nel centrosinistra che sarà.
Non con un incarico politico, almeno: “Io ci sono e ci sarò per dare un contributo.
Studio, scrivo, propongo idee, ma non voglio più avere responsabilità politiche, non ho intenzione di candidarmi”.
E A PROPOSITO di elezioni, D’Alema ha anche escluso di avere rimpianti per aver mancato il Quirinale, sfiorato sia nel 2006 che nel 2013.
Tredici anni fa, è la versione di D’Alema, fu lui a tirarsi indietro dopo una telefonata in cui Berlusconi gli spiegava l’impossibilità, per la coalizione di centrodestra, di sostenere il suo nome:
“Allora andammo su Napolitano, anche se poi Berlusconi non votò neanche lui”.
Diverso, invece, il caso del 2013: Fabrizio d’Esposito, intervenuto in trasmissione, ha ricordato i retroscena dell’epoca, secondo cui Anna Finocchiaro, che presiedeva l’assemblea Pd, mise ai voti soltanto la candidatura di Romano Prodi, scartando quella dell’ex Pci.
Episodio su cui D’Alema preferisce glissare.
A modo suo: “Nessun rimpianto per allora. Tutto sommato quello non era un ruolo adatto a me. Disciamo”