Stralcio di un articolo di Daniela Ranieri per Il FQ, 26-04-20
“…DELLA APP IMMUNI, che sarà sviluppata per il contact tracing dei contagi da coronavirus, Il Fatto ha analizzato e spiegato nei giorni scorsi i possibili problemi di privacy.
Ora vorremmo aprire una questione di metodologia, che si riversa anche sulla dimensione civile della nostra vita quotidiana nella cosiddetta Fase 2. Intanto, il funzionamento: la app scaricata volontariamente dalla popolazione avviserà i sani, con una notifica sui loro smartphone, dell’avvenuto contatto con un contagiato, sfruttando il dato dell’aggancio tra cellulari via bluetooth.
I sani, allora, come il gatto di Schrödinger che è contemporaneamente vivo e morto finché non si apre la scatola, si metteranno in isolamento volontario per evitare di contagiare gli altri, in attesa di vedere se svilupperanno i sintomi.
È chiaro che non verremo allertati in tempo reale ogni volta che incrociamo un portatore del virus (contrariamente a quanto detto da Di Maio, che ipotizza una sorta di Minority reportdel contagio); il virus non sviluppa radiazioni elettromagnetiche, e l’app non è un radar, simile a quello di certe app per incontri di disponibilità sessuale.
L’avviso avviene solo ex post.
Dunque, di tutte le persone riscontrate positive verranno tracciati retroattivamente i contatti, e questi contatti, identificati in forma anonima, verranno avvisati. Ma cosa vuol dire “contatto”?
Di quanto e quale contatto si parla? Stretto o lasco? Occasionale o continuato? Risalente a quanti giorni o ore prima della comparsa di sintomi del contatto zero? È ovvio che più aumentano i giorni osservati, più aumentano le persone da contattare.
Ad ogni modo: le persone che sono venute in contatto in un dato lasso di tempo col positivo accertato, riceveranno una notifica di allerta sul cellulare. A questo punto non è chiaro cosa succede: la persona che riceve il messaggio dovrà recarsi in un centro Covid per essere testata?
E se il positivo ha incontrato nella settimana precedente 50, 100, 200 persone, a tutte verrà fatto il tampone? Proviamo a moltiplicare questo dato per i 3-4mila nuovi contagi giornalieri attuali: abbiamo tamponi sufficienti?
A quanto ne sappiamo, no.
È il motivo per cui invece dell’indagine epidemiologica si è deciso di usare una app. Va da sé che se non si fanno tamponi, se non possono essere processati, se non c’è abbastanza personale per refertarli, l’app è inutile.
Avremo una legione di sospetti positivi in isolamento, e non è detto che tutti dispongano di seconda casa o dépendance.
Ma ammettiamo che tutti vengano testati: se il tampone di un contatto è negativo, lo si lascia andare accertandolo sano? Abbiamo capito che il tampone è una fotografia dell’esistente, una specie di i-Ching del contagio; un negativo attuale potrebbe positivizzarsi l’indomani, o dopo ancora.
Questo vuol dire che andrà ritestato più volte nei giorni successivi: e come facciamo se non ci sono abbastanza tamponi? Si dirà: questo è il metodo adottato in Corea del Sud, dove hanno azzerato i contagi; è vero, ma la Corea del Sud è ferma a 10mila casi, noi siamo a 200mila e gli esperti dicono che i contagiati reali possono essere 10 volte tanto.
NON OCCORRE una fervida fantasia per assumere la probabilità, anzi la certezza, che chiunque abbia una vita normale potrebbe ricevere più notifiche a settimana, perché il suo cellulare si è agganciato più volte con quelli di positivi.
Una persona che si sia già isolata per 14 giorni potrebbe ricevere una nuova notifica pochi giorni dopo aver rimesso il naso fuori. E così via per i mesi successivi.
Forse, la burocrazia neutralizzerà il carattere s mar t del la app: i medici di famiglia possono dare giorni di malattia per “isolamento cautelativo”, ma solo in presenza di tampone positivo.
E se il tampone non viene fatto oppure è negativo, quale motivo è previsto per giustificare la malattia di un sano?
Quanti mesi può restare a casa un cittadino che prende mezzi pubblici, va al lavoro, al supermercato, al cinema, al ristorante, entrando continuamente dentro nuvole di possibili contagi?
Sono previsti ammortizzatori sociali per questa cassa integrazione civile forzata?
Se non si fa luce su questi aspetti, la Fase 2 può essere più onerosa della Fase 1.
Insomma, c’è un’app per tutto.
Ma se l’analogico non funziona, il digitale è patogeno e inservibile.