di Lorenzo Giarelli per Il FQ, 13-8-19
La capacità mediatica è simile, la passione rossonera è identica, il successo politico (ancora) no.
Ma Matteo Salvini studia sempre più da Silvio Berlusconi, l’alleato ferito che ora è pronto a riabbracciare Matteo in vista di elezioni anticipate. La tentazione del vicepremier è durata qualche giorno: candidarsi da solo e tentare il cappotto nei collegi maggioritari, garantendosi mani libere in un governo monocolore.
Nelle ultime ore però Salvini sembra esser tornato all’antico, facendo filtrare – e poi confermando in un’intervista al Giornale, cioè a Silvio – la volontà di recuperare un centrodestra con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. La linea dovrebbe esser confermata oggi in un incontro proprio tra Salvini e Berlusconi…
D’altra parte gli equilibri interni sono ribaltati – il Carroccio è sopra il 30 per cento, la Meloni ha superato i forzisti – ma temi, ambizioni e persino linguaggio del centrodestra sono gli stessi di quando Berlusconi reggeva la coalizione.
Persino sul Milan i due leader si somigliano: finita l’era berlusconiana, ora è Salvini a sparare sugli allenatori.
E se c’è accordo sul calcio, materia opinabile per eccellenza, figurarsi sul resto.
TASSE. L’altro giorno il ministro dell’Interno, in pieno tour delle spiagge, ha decantato la sua idea di manovra: “Tasse ridotte al 15 per cento per milioni di lavoratori italiani, pace fiscale con Equitalia, grandi opere, nessun aumento dell’Iva ma riduzione delle tasse sulla casa”. Sembra di rileggere Silvio. Nell’ultima campagna elettorale, fiutando l’aria, anche Berlusconi si era convertito al mantra della flat tax, ma quello dell’abbassamento delle tasse è un suo vecchio pallino, evidentemente inesaudito nonostante nove anni a Palazzo Chigi.
Basti ricordare il contratto di governo siglato nel 2001 – con effetto scenico che il Salvini di oggi di certo invidierebbe – durante Porta a Porta, che al primo punto metteva “l’abbattimento della pressione fiscale”.
CONDONI. Figurarsi poi se non è berlusconiano il riferimento al condono – pardon, pace fiscale – per qualche milione di italiani. Salvini era come segretario provinciale della Provincia di Milano quando, nel 2003, Silvio varava il primo condono fiscale e edilizio. Sei anni dopo Salvini sbarcava in Parlamento e Berlusconi replicava, questa volta sotto forma di scudo fiscale per chi aveva capitali non dichiarati all’estero.
Tutto materiale di studio per la nuova Lega.
LA CASA. Era una delle formule magiche di B., quelle ripetute durante ogni comizio: “La casa è il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di costruire il proprio futuro”. E di conseguenza l’eliminazione dell’Ici, Imu o di qualunque fosse la tassa sulla casa era battaglia politica e mediatica, tanto da meritare l’annuncio ad effetto (“Aboliremo l’Ici) di Silvio nell’ultimo minuto del confronto tv con Romano Prodi.
LA GIUSTIZIA. Settimana scorsa Salvini si è scagliato contro i giudici del Tribunale di Bologna, rèi di aver dichiaro inammissibile un ricorso del Viminale riguardo all’iscrizione all’anagrafe di una migrante armena: “Altra sentenza a favore degli immigrati. Il prossimo governo dovrà fare una vera riforma della Giustizia, non viviamo in una Repubblica giudiziaria”.
Anche qui, il passaggio è solo dai giudici “comunisti” a quelli “buonisti”, ammesso che il vicepremier non li intenda come sinonimi. E che cosa prevedrebbe questa riforma? Di certo una stretta sulle intercettazioni, come da dichiarazioni della ministra Giulia Bongiorno, e la separazione delle carriere dei magistrati, altro tormentone dell’era berlusconiana. Per non parlare della già annunciata volontà di superare i reati di abuso d’ufficio e di danno erariale, “come chiedono tutte le parti sociali” (Salvini dixit).
GRANDI OPERE. Come dimostra il Tav, quando c’è “da fare”, Lega e FI fanno. È “l’Italia del Sì”, grida Salvini, fiero continuatore del “centrodestra del sì” a tutto: al G8 alla Maddalena (centinaia di milioni di euro di sprechi e un processo sugli appalti), al Mose di Venezia (“Risolti tutti i dubbi, sorgerà nel 2011”, diceva Berlusconi nel 2005) e ovviamente alla “madre di tutte le infrastrutture”, come la definì Totò Cuffaro, ovvero il Ponte sullo Stretto di Messina.
Un grande classico tornato di moda nell’eloquio di Salvini: “Venendo in Sicilia ho preso il traghetto e parlato coi lavoratori e coi passeggeri. Diciamo che nel futuro bisogna collegare la Sicilia con la terraferma molto più velocemente. Non faccio l’architetto, ma sicuramente oggi la situazione non funziona”.
E allora, via col cemento.