di F. Martelli da Online di Enrico Mentana, 07-05-19
Il governatore lombardo Attilio Fontana è «parte offesa» nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha scosso questa mattina la regione guidata dalla giunta di centrodestrae al momento non è indagato.
Anche se sulla sua posizione le valutazioni sono ancora in corso, tanto che il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, ha detto che i pm stanno decidendo «in che veste» sentirlo (modo gentile per dire che potrebbe essere iscritto al registro degli indagati).
Insomma, sebbene gli arresti coinvolgano i vertici di Forza Italia in Lombardia, questo non basta per tranquillizzare la Lega di Salvini che in quella Regione ha da sempre un cospicuo bacino elettorale.
In Transatlantico i parlamentari leghisti compulsano i cellulari: la difesa di Fontana è affidata prima al segretario leghista e poi al vice-ministro Massimo Garavaglia, che è stato assessore al Bilancio al Pirellone nella giunta di Maroni.
«L’operazione è stata svolta molto velocemente e brillantemente e il fatto che il presidente sia fuori è ovviamente positivo, dimostra la caratura morale di Fontana», ha detto Garavaglia.
Eppure c’è una parte dell’inchiesta che preoccupa il partito di Salvini per i danni d’immagine che ne deriverebbero, in aggiunta alle continue pressioni degli alleati di governo per spingere alle dimissioni Armando Siri.
Si tratta della parte relativa alla nomina di Luca Marsico, ex consigliere regionale di Forza Italia non rieletto e socio dello studio legale di Attilio Fontana, nel collegio sindacale di Afol (l’agenzia per la formazione e il lavoro della provincia di Milano).
Si tratterebbe di uno scambio di nomine architettato da Gioacchino Caianiello, ex coordinatore provinciale di FI a Varese, arrestato e accusato anche di istigazione alla corruzione proprio nei confronti di Fontana, non indagato e parte offesa in questo capitolo, almeno stando alle valutazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare.
«Noi vogliamo essere il governo del cambiamento, invece Salvini sta pensando di tornare con Forza Italia. Si vede come lavora Forza Italia in Lombardia…» ha sostenuto Dario Violi, consigliere regionale M5S e assiduo frequentatore del ministero dello Sviluppo Economico. «Quando Fontana aveva formato la giunta, noi avevano consigliato al presidente di non nominare alcune frange di Forza Italia. Lui si è preso la responsabilità di nominare Altitonante sottosegretario, che era incensurato ma sui cui in tanti avevamo dubbi».
«Non succede mai nulla in Regione. Non sono più i tempi di Formigoni e Maroni» diceva solo pochi giorni fa un parlamentare lombardo 5 Stelle.
E invece questa nuova inchiesta, sembra iniettare nuova linfa per il partito guidato da Di Maio all’attacco della Lega.
Questo pomeriggio il vicepremier M5S e il ministro della Giustizia Bonafede hanno annunciato una conferenza stampa alla Camera che suona come una dichiarazione di guerra agli alleati del Carroccio: «Alla luce degli arresti compiuti stamattina che hanno coinvolto anche alcuni politici e dei recenti casi di corruzione emersi».
Da settimane la volontà dei leghisti vicini a Matteo Salvini è quella di ‘strappare’: per queste le parole che useranno Di Maio e Bonafede saranno valutate dal leader del Carroccio.
Essere assimilati alla ‘vecchia politica’ (che in Lombardia ha fatto i conti con le inchieste che hanno coinvolto soprattutto gli esponenti del centrodestra) e al partito di Silvio Berlusconi, potrebbe fare saltare definitivamente il banco.
Forza Italia, tradizionalmente garantista, reagisce offrendo solidarietà alla Lega: «Dimenticando Marra, De Vito, Lanzalone, i 5 Stelle si ergono a giudici supremi ma non possono farlo», ha detto Giorgio Mulè (portavoce dei parlamentari di Forza Italia).