Stralcio di una bella intervista a Chiara Saraceno, docente di Sociologia della Famiglia a Torino, ha insegnato anche a Berlino, a cura di Virginia Della Sala per Il FQ, 7-3-19
“Professoressa Saraceno, partiamo dagli errori del M5S?
La misura confonde politiche di sostegno al reddito dei poveri con politiche di attivazione.
Eppure una quota rilevante di poveri assoluti, oggi, è occupata e quindi ha bisogno solo di una integrazione di reddito. Non tutti i disoccupati sono poveri e viceversa.
Questa confusione ha prodotto un secondo errore, l’investire in modo prioritario sui centri per l’impiego.
Cosa c’è sbagliato?
Anche se diventassero molto più efficienti, non è loro compito occuparsi di assistenza. I centri per l’impiego devono far incontrare domanda e offerta di lavoro.
Ma se si parla non di generici disoccupati, bensì di persone e famiglie povere – occupate o non occupate –il front office dovrebbe essere affidato ai servizi sociali, che poi indirizzino eventualmente ai centri per l’impiego.
C’è bisogno di personale preparato per questo tipo di valutazione. Invece il patto per l’inclusione arriva dopo. Così si ignora la complessità dei bisogni, come per gli stranieri e i requisiti stringenti richiesti.
Se sono comunitari non devono dimostrare possedimenti in Francia, Spagna o Romania. Se però non lo sono, devono farsi produrre documentazioni, certificati, verifiche.
Procedimenti che costano un occhio della testa a carico proprio della fascia più povera della popolazione.
Il Pd ha votato contro la misura e lei lo ha criticato.
Penso che il Pd non poteva votare sì, anche perché il decreto è legato a doppio filo a Quota 100 che, a mio parere, crea molte disuguaglianze.
Ma neanche avrebbe potuto votare sì al solo Reddito che, in questa forma, rischia davvero di fallire.
Però, se succedesse, sarebbe un disastro, non se ne parlerà più per decenni.
Cosa poteva fare il Pd?
Astenersi, spiegando molto bene perché e cosa ci sia di sbagliato.
Ma il partito è debole: nel Pd c’è sempre stata una fortissima opposizione al l’introduzione del reddito.
Renzi era contrarissimo.
In campagna elettorale erano scatenati contro il Rdc ma non con critiche puntuali o costruttive, bensì sostenendo fosse una misura per i pigri da poltrona che avrebbe favorito gli imbroglioni. Insomma, critiche molto simili a quelle della Lega.
È stato addirittura proposto un referendum contro il Rdc, il governo ha dovuto dire di aver fatto delle “norme anti divano” per controbattere.
Che è assurdo.
I finti poveri ci sono, così come i finti ricchi, certo, ma questo non implica dover svilire il tema in questo modo.
Il Pd aveva però fatto il Rei.
Avrebbe dovuto farlo decente: i soldi per gli 80 euro sarebbero serviti e bastati.
È vero che c’è chi ha portato in Senato proposte sensate da applicare al RdC, ma aveva alle spalle un partito addirittura già contrario al Rei. E discutere con i Cinque Stelle non è facile.
Il problema, poi, è che le proposte in Parlamento non arrivano alle persone. Avrebbero dovuto fare una campagna pubblica seria, sui contenuti.
E ora?
Si può lavorare alla Camera.
Dal Pd, da un partito che continua a dire di essere di sinistra, mi aspetto che dica: ci teniamo che ci sia una misura sul reddito minimo, lavoreremo per mostrare dove funziona, dove non funziona e come cambiarla perché siamo intenzionati a far funzionare un intervento che sia di vero contrasto alla povertà e non aspettaremo che fallisca, per poi farne un altro.
Una chiamata di responsabilità…
A riformarlo, ad aiutarne la trasformazione ora e non ad aspettare un altro governo chissà quando e chissà dove per ricominciare da capo, come d’altronde ha fatto questo governo ignorando il Rei.