“Loro ci provano; si fanno pure dire dagli intellettuali perché, sul piano politico, il M5S sia da detestare.
Ma a volte è più forte di loro, e il disprezzo antropologico per la gente normale gli annebbia la vista.
Repubblica ieri ha commentato il video di scuse che il padre di Luigi Di Maio ha pubblicato su Facebook scegliendo il punto di vista estetico:
“È andato dal barbiere, si è messo elegante, la cravatta non al lentata come a Pasqua, bensì annodata con cura. Pochi minuti, due, per fare buona impressione”.
Evidentemente il fatto che il signor Di Maio non si presenti in video con cappello di carta e cazzuola è considerato un po’ un’impostura.
Poi gli fa il verso: “‘So che tanti papà mi capiscono’.
Tanti papà come lui, con gli operai in nero”.
Segue perculamento con gne gne gne:
“lPovero figlio, lui non c’entra, non sapeva, non vedeva, giura ‘il piccolo imprenditore’ di Pomigliano”, piccolo imprenditore tra virgolette, benintenso, mentre come si sa è un tycoon.
Segue totalino dell’ambiente:
“Location pauperista, ufficio un po’ anonimo: tabellone blu con post-it gialli (chissà, magari i ricordati di pagare questo o quello)”, ah ah.
Ma, attenzione: “Non ci sono libri nella stanza”, nota inorridita la cronista, abituata a frequentare imprenditori edili che tra la betoniera della malta e la smerigliatrice tengono Tocqueville.
Non a caso il semianalfabeta “Antonio Di Maio usa una sola citazione: ‘Come ha scritto mia cugina…’”, e giù risate.
Loro, la gente studiata, sanno riconoscere lo stile.
Prendete il video della Boschi, quello in cui augura al padre di Di Maio di (non) passare quello che ha passato papà suo: ivi la Radiosa “ex ministra parlava in primo piano, con più dimestichezza, l’intera Treccani dietro le spalle”.
Si badi bene: intera.
Non due volumi, non tre, ma tutti.
Che naturalmente la Boschi ha letto, da A-Agri a Veg-Zyg.
Avevamo questa Giovanni Gentile femmina al governo, e abbiamo dato il potere al figlio di un muratore.”
di Daniela Ranieri da il FQ