di Daniela Ranieri per Il FQ, 16-6-19
Li abbiamo bloccati in 20 milioni, e va bene; ma l’abbiamo scampata bella.
A leggere le intercettazioni in cui Luca Lotti, ex ministro della Repubblica, esprime con linguaggio da taverna ad alcuni componenti del Csm le sue preferenze in fatto di nomine a capo di Procure che indagano su di lui e sui genitori di Matteo Renzi, una spina nel cuore ci ricorda la raccapricciante circostanza per la quale il gruppetto di amici toscani di cui Renzi era il capo-scout e Lotti il paggetto, a un certo punto della nostra storia (appena 3 anni fa), si era messo in testa di cambiare un terzo della Costituzione.
Costituzione che è fondata sul principio della separazione dei poteri, tra le altre cose e senza nemmeno tirare in ballo il respiro etico che la ispira.
Il silenzio di Renzi sul cicaleccio del Lotti beccato – e sui suoi tweet allusivi, sinistri e cifrati di queste ore – non è solo l’eco tombale del suo proverbiale ciarlare, ma anche il rimbombo del nostro terrore, al solo pensare a chi stavamo dando in mano l’unica cosa ancora sacra del nostro convivere.
Un’antica leggenda tedesca racconta di un cavaliere che giunse di notte in una locanda dopo aver cavalcato su una pianura gelata.
Alla domanda del locandiere “da dove venite?”, il cavaliere indicò un punto lontano oltre la pianura.
Il locandiere sbiancò, e disse al cavaliere che aveva appena attraversato il lago di Costanza ricoperto di ghiaccio.
Ecco, ci sentiamo più o meno così: il locandiere-trojan ha rivelato che il renzismo aspirante costituente, col suo codazzo di miracolati figli di banchieri presi dai presepi e dai campetti del Valdarno, era un lago gelato dagli abissi oscuri che abbiamo attraversato quasi indenni credendolo (alcuni) un placido campo di fiori innevati.
(Ah: il cavaliere, dalla paura postuma, morì sul colpo).