Intervista di Gianrico Carofiglio a cura di A. Mascalii per Il FQ, 16-6-19
“(…) Carofiglio, da ex magistrato e da ex parlamentare, mi dia una risposta schietta su quanto emerso finora.
Uno dei problemi della politica è la perdita del senso della vergogna. Se ci fa caso, nella rissa politica quotidiana sono sempre gli altri che si devono vergognare e non c’è mai chi ammette di avere sbagliato. Io credo che la capacità di vergognarsi sia uno strumento fondamentale per la salute morale degli individui e della collettività. Se la politica si rifiuta di provare vergogna per pratiche sempre più inaccettabili, scopre di essere malata quando la patologia è già a uno stadio avanzato, come in questo caso. La dimostrazione è nelle risposte stupefacenti dei soggetti coinvolti, i quali dichiarano – e magari ne sono davvero convinti – di non aver fatto nulla di male.
Alla fine Lotti si è autosospeso dal Pd, ma in polemica col partito e lanciando messaggi, nemmeno tanto velati, in un post su Facebook.
Ci sono vari modi di uscire di scena, alcuni eleganti, altri meno. Ognuno sceglie il suo. Ma mi faccia dire che l’uso dell’espressione “autosospensione” è la dimostrazione della confusione che regna. L’autosospensione è un concetto giuridicamente inesistente: o si viene sospesi dagli organismi di disciplina e vigilanza o ci si dimette.
Il segretario Zingaretti è stato troppo “morbido” nei confronti di Lotti?
Il segretario non ha il potere di sospendere o espellere un iscritto al partito. Lo statuto prevede una procedura piuttosto complessa da celebrarsi, con il rispetto del diritto a difendersi dell’interessato, in Commissione di garanzia. Ma, aggiungo, l’eventuale attivazione di una procedura disciplinare – ipotizzando violazioni del codice etico, cosa non facilissima da verificare, anche per una certa vaghezza delle norme – sarebbe ora un atto inutilmente divisivo, potenzialmente devastante. Certo, mi porrei il problema della permanenza in Commissione giustizia dell’altro parlamentare Pd coinvolto nella vicenda (Cosimo Ferri, ndr).
Il male della magistratura sono le correnti?
Io non sono contrario all’esistenza di associazioni di magistrati, con diverse sensibilità culturali. Il problema è la torsione clientelare che si è generata a partire dalle correnti, con una impressionante accelerazione negli ultimi anni. È contro questo che bisogna elaborare soluzioni.
In cosa consiste la sua proposta per la composizione del Csm?
La premessa è che io penso che il sorteggio sic et simpliciter sia un metodo populista e pericoloso. Ma si può tenere insieme il voto, come strumento di legittimazione democratica, e il sorteggio, come strumento di disinnesco delle dinamiche clientelari.
Come?
Dividendo il procedimento per la costituzione del Csm, nella parte relativa ai magistrati (si eleggono fra loro 16 componenti, ndr), in due fasi.
La prima, elettorale. Si può candidare ogni magistrato, in assenza di condanne o procedimenti disciplinari e con anzianità di servizio, sulla base di una raccolta di firme di sostegno, tale da non richiedere l’apporto di una corrente, ma sulla fiducia personale di un certo numero di colleghi: 50 firme, per fare un esempio.
I magistrati che avranno avuto i voti pari almeno al numero di firme raccolte, parteciperanno alla fase finale, quella del sorteggio. Così potrebbero andare al Csm magistrati stimati dai colleghi ma non inseriti nel cursus hono rum piuttosto aberrante che oggi produce buona parte della componente togata del Consiglio.”