di Antonio Valenzi
PD, LA TRAGEDIA DI UN PARTITO RIDICOLO
(e i Cinque Stelle stanno a guardare)
Ci vuole tutta l’inesperienza del M5S per prendere sul serio il Pd e se la situazione non fosse tragica, ci sarebbe da sganasciarsi.
Il Pd che pone le sue condizioni ponendo veti su nomi e nomine in cambio del sostegno a un eventuale (e più che probabile) Governo ricorda – per chi ha l’età – quel Rosco P. Coltrane, sceriffo scemo della contea di Hazzard che sotto la sua divisa pensa di contare qualcosa quando insegue i cugini Duke (cosa che purtroppo i Cinque Stelle non sono).
Ma esattamente in nome di cosa il Pd è in grado di dettare condizioni?
Un partito che al suo interno ha più correnti che iscritti, finito su un binario morto e destinato all’estinzione, è tornato senza fare nulla sotto i riflettori grazie alla dabbenaggine di Matteo Salvini.
E invece di strappargli il rosario e andare – lui sì! – in pellegrinaggio a Lourdes per rendere grazie alla Madonna, si atteggia sussiegosamente davanti alle telecamere come se di rientrare al Governo ne potesse fare a meno.
Non può. E lo sa. Il problema è che non lo sanno (o fanno finta di non saperlo) neanche i Cinque Stelle che lo legittimano nelle sue convinzioni deliranti.
Perché il punto è che dietro l’alibi di questa improvvisa “responsabilità istituzionale” (formula tanto altisonante quanto vaga) il Pd di tornare al voto non ha nessuna voglia e sarebbe disposto ad andare al Governo anche con Bokassa redivivo, pur di non restare relegato cinque anni all’opposizione (dove finirebbe di nuovo in caso di elezioni).
Invece no! In barba a tutto, il Pd di Zingaretti & Renzi (che a turno recitano il ruolo della Penelope l’uno dell’altro, sfilando di notte la tela tessuta di giorno) pone addirittura “condizioni”.
Se al posto del M5S ci fosse un partito autentico, con politici navigati, non ci vorrebbe molto a dirgli che se vuole tornare al Governo il Pd non deve fare altro che starsene “zitto e mosca” dato che il primo segno di discontinuità dovrebbe darlo lui dopo lustri di disinvolta a-moralità (per la quale, personalmente, non lo vorrei neanche come amministratore di condominio).
Perché chiederla al M5S?
Spiegasse il Pd se è pentito dei tanti salvacondotti elargiti a Berlusconi, primo artefice dell’imbarbarimento italiano; spiegasse il Pd se vuole proseguire nella strada dell’Europa usuraia a tutti i costi; mandasse un segnale di senso opposto su banche, riforme costituzionali scritte con la mannaia, Bibbiano e i tanti, troppi casi di malgoverno locale; che sia il Pd a dimostrare con i fatti e non con le chiacchiere che vuole un impianto realmente socialdemocratico in cui i diritti sociali vengano ancora prima dei diritti civili, che peraltro riduce a meri “cazzi di plastica” solo per potersi continuare a fregiare dell’aggettivo “sinistra”. E mi fermo qui con l’elenco solo per carità di Patria.
Il punto è che il M5S di presentare questo conto non se la sente perché la leadesrhip ha improvvisamente dimenticato di consultare la base e, ragionevolmente, si pone il problema di un eventuale crollo elettorale.
E allora sia! Beviamoci pure questo calice amaro di un Governo col Pd, ma sia chiaro che è una realpolitik che costerà molto più cara, non foss’altro perché dovremo tenerci questo serpente a sonagli della politica ancora in giro per diverso tempo.
Quanto ai Cinque Stelle, che dire?
Eredi di un imbelle Franceschiello davanti ai cannoneggiamenti francesi, altro non resta che un suggerimento:
“Almeno facite ‘a faccia feroce”.