“Sere fa, al termine della puntata di Otto e mezzo (post cattura di Cesare Battisti), nella quale Alfonso Bonafede si era mostrato misurato e istituzionale, come si deve al ministro di Giustizia, con lui abbiamo condiviso la stessa idea sullo stile comunicativo dei Cinquestelle.
Che, più si fosse distinto da quello di Matteo Salvini e più ne avrebbe guadagnato, in termini di serietà e forse anche di consenso.
IL GIORNO DOPO, purtroppo, il triste e deprimente video del Guardasigilli, “celebrativo” dello sbarco a Ciampino dell’ex latitante pluriomicida ci ha convinti una volta di più che, in assenza di un’opposizione, i peggiori nemici dei grillini di show e di governo sono i grillini medesimi.
Specialisti nell’arte di spararsi sui piedi. Non soltanto per le reazioni indignate che lo spot ha sollevato ma per una banale ragione di propaganda elettorale. Ovvero: come vendere male un pessimo prodotto al pubblico sbagliato.
Un rapido passo indietro.
Tutte le analisi sulla composizione e natura del grande successo del 4 marzo concordano sull’avvenuta saldatura nel M5S di due blocchi distinti.
Al centro, il cuore “militante” del consenso, quello generato nell’alveo social del movimento poi consolidatosi attraverso i Vaffa day nelle battaglie contro la casta e a favore della legalità e i beni comuni.
Intanto, intorno a questo nucleo cresceva la massa dei nuovi arrivati, provenienti da ogni dove ma soprattutto dal Pd.
Coloro che potremmo definire con antica terminologia: il voto d’opinione.
Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che non hanno mai frequentato la piattaforma Rousseau, che hanno apprezzato l’esplosività di Beppe Grillo nel mettere alla berlina l’ancien régime anche se non capiscono granché di certe sue “elevate” elucubrazioni.
Gente che si era stufata delle solite facce e dell’arroganza della cosiddetta vecchia politica, incuriositi dall’irrompere della generazione pentastellata, e dalla sfacciata trasparenza con la quale i nuovi si mostravano al popolo, perfino nell’esibire acerbe inesperienze.
Ora, quando Bonafede divulga quei video, quando Di Maio annuncia la fine della povertà o che, in piena stagnazione, siamo alla vigilia di un altro boom digitale, oppure quando on the road verso Strasburgo, con Di Battista accanto, il vicepremier definisce il Parlamento europeo “una marchetta francese che dobbiamo chiudere il prima possibile”, più di una domande sorge spontanea.
Quel linguaggio così crudo, minaccioso (a volte truculento) a chi è rivolto?
Chi intendono convincere? Il popolo dei Vaffa day?
Non avrebbe molto senso visto che la base grillina è già ampiamente motivata di suo per abboccare a forme discutibili di autopropaganda.
E se anche fosse un tentativo di corteggiare gli elettori di Matteo Salvini, chi mai preferirebbe la (brutta) copia all’originale?
Restano quegli svariati milioni di elettori approdati al M5S da lontano, forse non molto politicizzati ma che al posto dei megafoni stentorei gradirebbero un messaggio di concretezza, di moderato buon senso, di stabilità.
Tanto per capirci, il linguaggio che sta dando popolarità al premier Giuseppe Conte.
IN QUESTA ANCORA vasta “opinione”, ci creda ministro Bonafede, i filmini Luce creano soprattutto imbarazzo.
Così come la comunicazione mirabolante o sotto vuoto spinto. Bisognerebbe convincersi una buona volta che gli elettori con l’anello al naso non esistono.
Mentre se si sentono presi per il naso magari da lezioncine prefabbricate recitate a menadito da giovani promesse del cambiamento (c’è anche un kit 5S per indottrinare i parlamentari), prima o poi quelli salutano e se ne vanno.”
di Antonio Padellaro, Il FQ 18-01-19