Stralcio di un articolo di ilvia D’Onghia per Il FQ, 16-6-19
“(…) Per la prima volta dopo quattro anni dall’assoluzione in Cassazione, la ragazza americana che era stata accusata – con il fidanzato di allora, Raffaele Sollecito, e con Rudy Guede, l’unico condannato – dell’omicidio di Meredith Kercher a Perugia nel 2007, è tornata in Italia, il Paese “che spero di poter sentire di nuovo casa mia”.
A invitarla – senza compenso, si sforzano di ripetere –è stata l’associazione “Italy Innocente Project”, che con la Camera penale di Modena ha voluto questo “Festival”.
Dopo due giorni di inutili rincorse e dopo averla nuovamente attesa invano all’i ngresso sbagliato, ieri i giornalisti si sono sentiti dire dall’avvocato modenese Guido Sola che il processo mass-mediatico non ha le stesse regole di quello penale e che la stampa può “disintegrare la dignità delle persone”.
Un viatico per i 45 minuti di intervento di Amanda, interrotti dagli applausi e dalle sue copiose lacrime. “Ho paura di essere molestata, derisa, incastrata – racconta –, molti dicono che sto profanando la figura di Meredith”.
Poi la sua narrazione: “Il primo novembre 2007 un ladro di nome Rudy Guede è entrato nel mio appartamento e ha violentato e ucciso la mia amica”. Da lì la ricostruzione di indagini “affrettate”, dettate dalla necessità dei media di trovare un colpevole.
“Avrebbero dovuto chiedere: in basi a quali prove li arrestate? Le dichiarazioni sono legalmente valide? (il primo interrogatorio di Amanda avvenne senza interprete né avvocato, motivo per cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia, ndr)”.
E invece no: “Mi hanno ribattezzato Foxy Noxy, hanno parlato di orge. Ero furba, psicopatica, sporca, drogata e puttana. L’inchiesta è stata contaminata, la giuria corrotta”.
Eppure Amanda è “grata” alla magistratura per aver ristabilito la verità. “Tutto questo non assolve lo Stato per avermi processato per 8 anni con poche o nessuna prova né i media per aver creato una storia scandalosa. La mia vita ha contribuito agli introiti dei giornali”.
E alla fine il coup de théâtre:“Vorrei incontrare il pm Mignini. Per me era un mostro che voleva distruggermi. Dopo aver visto il documentario di Netflix (nel quale si ricostruisce il delitto di Perugia, ndr), ho capito che era animato da una motivazione nobile: rendere giustizia a una famiglia in lutto”.
Ecco, la famiglia Kercher, che con i magistrati è la grande assente e che nei giorni scorsi tramite l’avvocato Francesco Maresca aveva criticato la presenza di Amanda.
Lei, così “amica” della loro figlia uccisa: “Sono grata ai suoi genitori per l’amore che le hanno donato”.
Applausi, in molti si alzano in piedi, un avvocato commenta con il vicino: “È brava, eh?”. Inutili i tentativi della moderatrice Raffaella Calandra di Radio24 di ristabilire il dovere di cronaca: la sua “anche lei ha tratto beneficio da questa storia?” è bollata dalla platea come una “domanda di merda”.
Il teatrino può chiudere il sipario, con l’ultima, inutile corsa dei giornalisti dietro la “sensibile”Amanda che, scortata dalla polizia, resta una “donna libera: l’assassino di Maredith è in carcere e per questo si può essere soddisfatti”.