Luciano Odorisio

A Chieti, il Venerdì Santo…

E cala il silenzio in città.

Le uniche luci, le fiammelle dei tripodi sistemati lungo tutto il percorso, ai bordi delle strade, che dalla cattedrale di San Giustino attraversa l’intera città.

Raccoglimento nell’attesa.

E quando da lontano si sentono le prime note del coro, struggenti, che parlano di morte, della morte di un Dio, che tu ci creda o no, con la madre accorata che segue il suo feretro, portata a spalla dai notabili della città, baroni e conti e cavalieri del lavoro, ti viene un nodo alla gola, un tuffo di sangue al cuore, un’emozione grande, gli occhi lucidi.

Fra cappucci dorati, manti, tonache nere, papillon e zucchetti in testa, e gli attrezzi della crocefissione…

Stelvio, Del Grosso, Franco Carosella, Rolando

 

 

 

 

…e Il Miserere di anonimo, musica del maestro di cappella  Saverio Selecchy (1708-1788).

 

C’ero anch’io da giovane fra i coristi.

Della mia famiglia eravamo in 4, mio padre violinista, io, e due miei cugini, Rolando Di Nezio, batterista e proiezionista al Supercinema, e il mitico  Renato, tenore, nullafacente, che col suo do di petto fece esplodere il lunotto di vetro spesso nell’androne di un palazzo…almeno così si racconta.

Se ne raccontano tante in provincia.

Renato Odorisio e Giampiero Florio

Renato Odorisio, bel ricordo di lui, il più grande pettegolo nella storia teatina, tanto da immortalarlo in un film nel personaggio di Nicolino, interpretato dal grande Tino Schirinzi, che vinse una Maschera d’Argento per la sua bravura.

Alla selezione dei coristi ogni anno era l’inferno.

Molti gl’imbucati, amici di, parenti di, ragazzi senza voce ma con tanto cuore e passione, spesso stonati come campane, ma tanto era l’onore di esserci che si muovevano i potentati locali per un posto nel coro.

Una volta nella vita bisognava esserci per poterlo raccontare alle nuove generazioni.

Il Venerdì Santo a Chieti…

Usai il Miserere per aprire e chiudere un film, Sciopèn…il resto è commozione.

 

 

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